lunedì 2 febbraio 2009

Il "Natale di sangue"


La resistenza delle milizie delle poeta si scontrò c
ontro l'esercito italiano, comandato dal generale Enrico Caviglia, che, nelle tragiche giornate del "Natale di sangue" (definite così da D'Annunzio stesso) del 1920, per cinque giorni tenne la città sotto assedio.

« Il delitto è consumato. Le truppe regie hanno dato a Fiume il Natale funebre. Nella notte trasportiamo sulle barelle i nostri feriti e i nostri morti. Resisitiamo disperatamente, uno contro dieci, uno contro venti. Nessuno passerà, se non sopra i nostri corpi. Abbiamo fatto saltare tutti i ponti dell’Eneo. Combatteremo tutta la notte. E domani alla prima luce del giorno speriamo di guardare in faccia gli assassini della città martire. »

Il 21 dicembre 1920 la Reggenza del Carnaro proclamò ufficialmente lo stato di guerra contro il governo liberale di Giolitti.
La sera della vigilia di Natale l’esercito regolare italiano attaccò i legionari. Quel giorno combattimenti particolarmente duri si ebbero nel settore di Val Scurigne e attorno al cimitero cittadino di Cosala.
Le ostilità cessarono il giorno di Natale per poi riprendere il 26 mattina con alcuni colpi di mortaio sulla città. Al pomeriggio l’unità della Marina Militare italiana “Andrea Doria” che incrociava nel Golfo di Fiume a poca distanza dal Porto Baross cannoneggiò il Palazzo del Governatore, sede di rappresentanza della Reggenza Italiana del Carnaro. Il comandante D’Annunzio, come ci riporta l’edizione straordinaria de “La Vedetta d’Italia” del 26 dicembre, usci miracolosamente illeso dall’attacco, procurandosi solo una leggera ferita alla testa.


Supplemento straordinario de La Vedetta d'Italia, 25 dicembre 1920, ore 18.


Bollettino straordinario de La Vedetta d'Italia, 26 dicembre 1920, ore 20, "Per ordine del governo di Roma, da 3 giorni le truppe regolari assassinano legionari e cittadini in violenti combattimenti" ... "la superdreadnought Andrea Doria spara sulla città prendendo di mira la persona del Comandante..."


Questo fatto indusse D’Annunzio a trattare la resa per evitare ulteriori spargimenti di sangue. Il 28 dicembre D’Annunzio sciolse la Reggenza e usci indenne dalla citta assieme alla maggior parte dei suoi legionari.
Alla fine si contarono diverse vittime, fra cui ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili.
Il 2 Gennaio 1921, parte della popolazione della città fiumana si recò coi militari supersiti al camposanto per rendere, nonostante la sconfitta, l'ultimo saluto ai legionari di Ronchi.
Il comandante D'Annunzio, visibilmente commoss
o, recitò questa orazione funebre in loro onore:

« Ieri nel camposanto di Fiume, la volontà di ascendere, che travaglia ogni gesta di uomini, toccò l'ultima altezza. Parve la nostra vita più alta ora nel cielo dell'anima. Sapevano che io li conducevo verso la sommità di una bellezza a me stesso ignota? Quante volte nelle piazze, nelle corti, nei crocicchi, nei prati, su per le colline, lungo le rive, dalla ringhiera, quante volte avevo detto a questi poeti inconsapevoli le parole della più ebbra poesia? «Chi mai potrà imitare l'accento delle nostre canzoni e la cadenza dei nostri passi? Quali combattenti marciano come noi verso l'avvenire? Non eravamo una moltitudine grigia; eravamo un giovine dio che ha rotto la catena foggiata col ferro delle cose avverse e cammina incontro a se stesso avendo l'erba e la mota appicicate alle calcagna nude». Comprendevano. Dischiudevano le labbra perché si gonfiava il cuore. Bevevano la melodia. Credevano ch'io dessi loro da mangiare il miele del mattino: «il miele senza sostanza». Non eravamo legioni armate; eravamo un'armonia ascendente. Nessuno rimase in piedi: nessuno delle milizie, nessuno del popolo. E colui che versò più lacrime si sentì più beato. E qualcosa di noi trasumanava; e qualcosa di grande nasceva, di là dal presente. E ogni lacrima era Italia; e ogni stilla di sangue era Italia; e ogni foglia di lauro era Italia. E nessuno di noi sapeva che fosse e di dove scendesse quella grazia. Tale fu ieri il commiato che i Legionarii diedero alla terra di Fiume. E domani a un tratto la città sarà vuota di forza come un cuore che si schianta. Questi italiani hanno dato il loro sangue per l'opera misteriosa del fato latino, con terribile ebrezza d'amore i nostri, e gli altri con inconsapevole tremito scrivono nella muraglia funebre «Credo nella Patria futura, e mi prometto alla Patria futura». Inginocchiamoci e segniamoci, armati e non armati, davanti a questi morti. »


Dalla Domenica del Corriere, 7-14 settembre 1919, anno XXI num 36, Copertina: "A Fiume. Il commovente addio del popolo di Fiume alla Brigata Granatieri che è stata sostituita dalla Brigata Regina." (Disegno di R. Salvadori)


I caduti furono:
Legionari:

Tenente Asso Mario, Battaglione Ufficiali
Tenente Caviglia Carlo Arturo, R. Genio
Tenente Conci Italo, Legione Fiumana
S. Magg. Crosara Giovanni, I Squadr. Autoblinde
Sergente Pomarici Aldo, Comp. d'Annunzio
Sergente Troia Gaetano, I Squadr. Autoblinde
Sergente Delli Carri Nicola, I Squadr. Autoblinde
Sergente Gottardo Antonio, Granatieri
sergente Cattaneo G. Giovanni, Bers. Ciclisti
Sergente Del Baldo Arturo, Autoparco
Sergente Spaccapeli Santo, Comp. d'Annunzio
Caporale Macchi Lorenzo, Comp. d'Annunzio
Soldato Annibali Luigi, Bers. Ciclisti
Soldato Spessa Benvenuto, Comp. d'Annunzio
Soldato Baleani Lanfranco, 8. Reparto d'assalto
Soldato Francucci Federico, I Squadr. Autoblinde
Soldato Braga Giuseppe, Piemonte Reale
Soldato Groppi Primo, 8. Reparto d'Assalto
Soldato De Mei Mario, 8. Rep. d'Assalto
Soldato Pileggi Arturo, Brigata Regina
Soldato Colombo Giovanni, Bers. Ciclisti
Marinaio Rolfini Desiderato, Cacc. Espero


Caduti legionari del Natale di Sangue


Civili:

Almadi Alpalice, di anni 12, Viale Santa Entrada 6
Bernetich Antonio, San Nicolò 290
Copetti Antonia di anni 36, Viale Santa Entrada 90
Maurovich Vittorio, S.Nicolò-Zamet 311
Kucich Antonio di anni 39, Plasse Scurigne 20


È curioso ricordare che, dopo il "Natale di sangue", sia Benito Mussolini sul Popolo d'Italia (con un articolo di aspra condanna intitolato "Il delitto"), sia Antonio Gramsci su l'Ordine Nuovo (con un articolo apparso il 6 gennaio 1921) scrissero a difesa di D'Annunzio e dei legionari. È riportato qui di seguito l'articolo di Gramsci:

« L'onorevole Giolitti in documenti che sono emanazione diretta del potere di Stato ha più di una volta, con estrema violenza, caratterizzato l'avventura fiumana. I legionari sono stati presentati come un'orda di briganti, gente senza arte né parte, assetata solo di soddisfare le passioni elementari della bestialità umana: la prepotenza, i quattrini, il possesso di molte donne. D'Annunzio, il capo dei legionari, è stato presentato come un pazzo, come un istrione, come un nemico della patria, come un seminatore di guerra civile, come un nemico di ogni legge umana e civile. Ai fini di governo, sono stati scatenati i sentimenti più intimi e profondi della coscienza collettiva: la santità della famiglia violata, il sangue fraterno sparso freddamente, la integrità e la libertà delle persone lasciate in balìa di una soldataglia folle di vino e di lussuria, la fanciullezza contaminata dalla più sfrenata libidine. Su questi motivi il governo è riuscito ad ottenere un accordo quasi perfetto: l'opinione pubblica fu modellata con una plasticità senza precedenti. »

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